Oggi
L’Osservatore Romano titola “L’ottava opera di misericordia”
l’articolo con il quale riassume il messaggio di Papa Francesco per
la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato e spiega:
«Alle tradizionali opere di misericordia corporali e spirituali,
Papa Francesco ne ha aggiunta un’altra: “la cura della casa
comune”. Lo ha fatto nel messaggio per la giornata mondiale di
preghiera per la cura del creato, celebrata il 1° settembre.
Raccogliendo i punti fondamentali dell’enciclica Laudato si’, il
Pontefice ha rivolto un pressante invito a “ogni persona che abita
questo pianeta”, sollecitando tutti ad ascoltare “tanto il grido
della terra quanto il grido dei poveri” e a fare un serio esame di
coscienza riguardo al nostro modo di vivere il mondo che abitiamo».
Secondo
la presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi, «Le parole di Papa
Francesco hanno una forza straordinaria e possono essere considerate
un monito per tutti, quasi un undicesimo comandamento. Siamo davvero
grati al Santo Padre che con grande lucidità, chiarezza e
straordinaria perseveranza pone il valore della natura, la Nostra
Casa Comune, anche come elemento fondamentale per costruire un futuro
migliore per l’intera umanità».
La
Bianchi aggiunge che «Dopo la profonda e poetica Enciclica Laudato
Si’, il Papa chiarisce che il ruolo attivo nella salvaguardia della
natura da parte dei cristiani non è né secondario né opzionale e
nel messaggio di oggi dice esplicitamente che chi danneggia il Creato
commette un vero e proprio peccato: questo ha grande rilevanza dal
punto di vista morale per tutti, anche per i non credenti. Così come
è importante il forte richiamo alla equità verso i poveri e alla
giustizia intergenerazionale perché una natura sana è la base per
il benessere di tutti. Di qui il richiamo agli Obiettivi di Sviluppo
Sostenibile approvati dall’Onu lo scorso anno e all’Accordo di
Parigi sul Clima, sui quali il Papa richiama i Governi al “dovere
di rispettare gli impegni che si sono assunti” e le imprese a “fare
responsabilmente la loro parte”. Ma esorta anche i cittadini alla
mobilitazione per esigere che questo avvenga, “anzi che si miri a
obiettivi sempre più ambiziosi”».
La
presidente del Wwf Italia sottolinea che «Il Santo Padre richiama
all’impegno all’esercitare concretamente, tutti i giorni, un
profondo rispetto per la natura ed un concreto impegno a
salvaguardarla e tutelarla: è lo stesso impegno che il WWF, da anni,
porta avanti in tutto il mondo sollecitando cittadini, imprese,
istituzioni e governi a fare la propria parte – conclude la Bianchi
-. Adesso le parole del Santo Padre devono trovare ascolto ed è
compito di tutti far sì che il suo messaggio trovi attuazione nelle
azioni quotidiane dei cittadini come dei governi per salvare il
pianeta e con esso l’umanità”».
Ieri
è stata l’intera Chiesa cattolica, insieme a quella Ortodossa che
ha promosso la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato,
a interrogarsi sui peccati che l’umanità ha commesso e commette
contro l’ambiente. Durante i vespri nella basilica vaticana il
predicatore della Casa Pontificia, Raniero Cantalamessa, ha
sottolineato un aspetto che divide una parte del movimento
ambientalista dalla concezione più antropocentrica della chiesa, ma
lo ha declinato secondo il nuovo paradigma di Papa Francesco: «La
sovranità dell’uomo sul cosmo non è trionfalismo di specie, ma
assunzione di responsabilità verso i deboli, i poveri, gli
indifesi».
Cantalamessa
prende ad esempio San Francesco d’Assisi e spiega che «Quello che
commuove fino alle lacrime il Poverello a Natale non è l’unione
delle nature o l’unità dell’ipostasi, ma è l’umiltà e la
povertà del Figlio di Dio che «da ricco che era, si è fatto povero
per noi» (cfr. 2 Corinzi, 8, 9). In lui amore per la povertà e
amore per il creato andavano di pari passo e avevano una radice
comune nella sua radicale rinuncia a voler possedere. Francesco
appartiene a quella categoria di persone di cui san Paolo dice che
“non hanno niente e posseggono tutto” (2 Corinzi, 6, 10). Se
Francesco d’Assisi ha qualcosa da dire ancora oggi a proposito di
ecologismo, è solo questo. Egli non prega “per” il creato, per
la sua salvaguardia (a suo tempo non ce n’era ancora bisogno),
prega “con” il creato, o “a causa del creato”, o ancora “a
motivo del creato”. Sono tutte sfumature presenti nella
preposizione “per” da lui usata: “Laudato si’, mi Signore,
per frate sole, per sorella luna, per sorella madre terra”. Il suo
cantico è tutto una dossologia e un inno di ringraziamento. Ma
proprio da qui gli derivava quel rispetto straordinario verso ogni
creatura per cui voleva che perfino alle erbe selvatiche fosse
lasciato uno spazio per crescere».
Per
il predicatore della Casa Pontificia, «Anche questo suo messaggio è
stato raccolto dal Santo Padre nell’enciclica sull’ambiente. Essa
inizia con la dossologia — «Laudato si’» — e termina
significativamente con due distinte preghiere: una “per” il
creato, e l’altra “con” il creato».
L’Osservatore
Romano riporta anche l’omelia “Animali, alberi e fiori sono
maestri” di Luciano Manicardi, monaco di Bose, che si rifà
direttamente ai Vangeli e a Gesù quando dice: «Guardate
attentamente gli uccelli del cielo», «considerate i gigli del
campo», e altrove: «osservate i corvi», «guardate il fico e tutti
gli alberi», «imparate dall’albero di fico».
Secondo
il Monaco di Bose, «Gesù osservava animali, piante e fiori e ne
coglieva il magistero, sapeva imparare da essi, sapeva porsi alla
loro scuola. Tanto che nelle sue parabole e nel suo parlare di Dio e
del suo Regno ricorrono chiocce e pulcini, volpi e lupi, cammelli e
asini, passeri e colombe, grani di senape e chicchi di grano, vigne e
cardi, zizzania e frumento, e per designare sé e i suoi discepoli
parla di vite e di tralci. Le parole di Gesù ci svelano che animali,
alberi e fiori sono maestri. Essi lo sono, anche per noi, oggi, lo
sono con la loro presenza silenziosa, lo sono con il loro semplice
esserci: il comando di Gesù si rivolge non a loro, ma a noi umani
che dobbiamo risvegliarci al reale, lasciarci illuminare dal reale,
ascoltare e osservare e imparare dalle creature del creato. Perché
solo allora la nostra esperienza di Dio e il nostro parlarne potranno
avere una qualche credibilità. Animali, alberi e fiori sono lì, con
la loro silente presenza a offrirci con discrezione la possibilità
di entrare in consonanza con il sentire che fu in Gesù stesso».
Manicardi
si chiede: «Che cosa imparare dalle creature del creato? Che cosa ci
insegnano? Anzitutto a far cadere l’illusione che ci abita e ci
muove quotidianamente, del nostro situarci al centro, di essere al
centro di tutto. Siamo invece una grande comunione, accanto ad
animali domestici e selvatici, accanto a piante diverse che ogni
giorno ci narrano la loro fedeltà, accanto a fiori che ci insegnano
la lezione della precarietà e preziosità della bellezza. Sì,
queste creature sono maestri, ma anzitutto sono compagni, amici,
fratelli, sorelle. Sono per noi consolazione con il loro semplice
esserci accanto senza che noi lo abbiamo minimamente meritato. Quindi
ci insegnano la grandezza delle cose piccole, a noi che siamo
affascinati e abbagliati da ciò che è potente e si impone, nel
mondo come nella chiesa. Lo insegnano a noi che spesso rimpiccioliamo
ciò che è grande per ridurlo alla nostra misura. Ci insegnano a
relativizzare il senso dell’indispensabilità del nostro fare per
condurre avanti il mondo: spesso è solo un modo di acquietare la
nostra angoscia, di rassicurare la nostra coscienza, di illuderci di
avere controllo sulla realtà e sugli altri.
Gli
uccelli del cielo, dice Gesù, non seminano, non mietono e non
raccolgono nei granai. I gigli del campo non faticano e non filano.
Ci insegnano — queste creature — a fermarci, a entrare in
amicizia con il tempo, a guardare e a vedere, a sentire e ad
ascoltare il loro racconto, a dialogare silenziosamente con esse. Ci
insegnano a essere presenti a esse e dunque a noi stessi. Ci
insegnano l’umiltà, la fatica e la bellezza della contemplazione.
Ascoltando la loro preghiera che si rivolge a noi e ci chiede di
rispettarle, di lasciarle essere, ci insegnano che l’unico vero
potere legittimo che abbiamo è quello su noi stessi, quello per
cambiare noi stessi e il nostro cuore, il nostro sguardo, il nostro
sentire».
Articolo di GreenReport
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