A
distanza di alcune settimane dalla notizia, apparsa sulla stampa,
sulla potenziale contaminazione del giardino di piazzale Rosmini a
Trieste, si è tenuto all’Università un dibattito con il
professore Pierluigi Barbieri, docente di chimica, nell'ambito delle lezioni di diritto ambientale tenute in questo Ateneo dal prof.
Alessandro Giadrossi.
Il
resoconto di questo dibattito avvenuto
mercoledì 11 maggio viene
pubblicato quale contributo alla discussione su questo tema
Questi
i fatti. Il 15 aprile Aris Prodani, deputato triestino del Gruppo
misto alla Camera, tiene una conferenza stampa. Chiede l'immediata
pubblicazione dei dati sull'origine delle sostanze che si depositano
sui terreni urbani, in particolare piazzale Rosmini. In questo
giardino pubblico sarebbe stata riscontrata la presenza di
benzo(a)pirene, una sostanza cancerogena.
L’indagine
sui terreni nell'area circostante
l’impianto siderurgico, coordinata da un tavolo tecnico del quale
fanno parte ARPA, AAS, Comune e Provincia, era stata avviata allo
scopo di individuare un collegamento tra emissioni dell'impianto
siderurgico e eventuale contaminazione dei terreni del rione di
Servola. Erano state pertanto individuate per essere sottoposte a
caratterizzazione varie aree del quartiere e altri terreni cittadini
e periurbani che si ritenevano non direttamente influenzati dalle
emissioni industriali.
I
dati raccolti dall’ARPA vengono resi pubblici dopo qualche giorno
dalla conferenza stampa del deputato.
La
notizia della contaminazione di terreni quotidianamente frequentati
da bambini e anziani, relativamente lontani dall'impianto siderurgico di Servola, viene ripresa dai giornali e da tutti i media locali.
In
piena campagna elettorale vari esponenti politici si azzardano a dare
delle risposte, con affermazioni perentorie, non molto diverse da
quelle dei frequentatori del giardino, intervistati dai giornalisti.
“Il
problema” afferma Barbieri “è che non ci si aspettava di trovare
nel terreno del giardino di piazzale Rosmini tracce di
contaminazione”. Si riteneva che si trattasse di un luogo neutro,
quello che può essere definito tecnicamente un “bianco”, ovvero
un terreno i cui dati possano essere confrontati con altri
maggiormente soggetti all'apporto di polveri disperse nell' aria e
poi depositate sui terreni per gravità o trascinate dalla pioggia.
Le
analisi del top-soil, ovvero dei primi dieci-quindici centimetri di
profondità, hanno evidenziato la presenza di idrocarburi
policiclici aromatici (IPA). Si tratta di sostanze abbastanza stabili
che si trovano spesso nelle polveri atmosferiche. I policiclici
aromatici sono prodotti di combustioni imperfette, che avvengono ad
esempio in motori di autoveicoli e navali e in impianti da
riscaldamento ma derivano anche significativamente dalla
distillazione industriale del carbone. Non è immediato identificare
quale sia la fonte della contaminazione poiché sulle sostanze che
arrivano nel terreno intervengono agenti e modificazioni anche ad
opera di microorganismi.
Barbieri
ricorda alcune ipotesi: Ferriera, traffico, terreni già contaminati
utilizzati nella realizzazione del giardino. Il giardino è
distante
circa due chilometri dall'impianto siderurgico e non si trova
sottovento rispetto ai venti dominanti, che possono trasportare le
sostanze emesse dall’ impianto. E’ stata considerata anche la
storia del giardino realizzato nel secondo dopoguerra probabilmente
utilizzando terreni di riporto. Per valutare se si tratti di
contaminazione già presente nel riporto, secondo Barbieri si può
verificare se gli IPA siano presenti anche a maggiore profondità nel
terreno, mentre per individuare il contributo di altre sorgenti va
ricercata la presenza di altri marcatori, cioè sostanze
caratteristiche delle sorgenti indagate. L'ipotesi che pare più
sensata è quella che sorgenti multiple
abbiano portato nel tempo ad una così alta concentrazione di
sostanze in quell'area verde.
Andrà
poi compreso se queste sostanze che contaminano il terreno
costituiscano un effettivo rischio per il bersaglio umano e animale.
Il
rischio dipende dalla significatività
dell'esposizione dipende dai parametri di permanenza delle persone in
un luogo, molto diversi in un luogo ricreativo rispetto a quello
destinato alla
residenza.
Agli
enti competenti spetta comunque agire con la messa in sicurezza
dell’area, per tutelare precauzionalmente la salute pubblica.
Dal
dibattito con gli studenti è emerso come la questione sia complessa
e priva di soluzioni definitive a breve termine.
Appare
invece chiaro come, per verificare l'origine di questa contaminazione
e in particolare per tracciare un eventuale collegamento con
l’impianto siderurgico, vada verificata l’attuale pressione sull'area, ovvero se ci siano dei flussi di sostanze e polveri
depositate quotidianamente. Il che non è particolarmente difficile,
essendo sufficiente posizionare, per periodi anche brevi ma
rappresentativi, dei deposimetri ed analizzarne il contenuto.
L’attenzione all'identificazione della contaminazione di questo sito inoltre non
deve deviare risorse economiche e umane dallo scopo dell’indagine
per cui era stato costituito il tavolo tecnico: la valutazione
dell’impatto
dell’impianto siderurgico a
Servola.
Il
dibattito con gli studenti ha riguardato anche il problema
dell’informazione ambientale, sui tempi di pubblicazione dei dati.
Alessandro Giadrossi e Pierluigi Barbieri hanno condiviso l’opinione
di come l’informazione ambientale non possa prescindere da una
adeguata
comunicazione
ambientale. Il dato ambientale, privo di contenuti realmente
informativi, rischia di essere manipolabile e fonte di immotivato
allarme.
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